Evento 26/09/23: Thimus in Villa Cesare

Thimus s.r.l., dinamica società specializzata in prodotti di neuroscienze, sceglie Villa Cesare per il proprio meeting !!!

Evento in Villa-Cesare

La serata prevede anche, per gli interessati, la visita all’esposizione di opere presenti nella villa di diversi artisti fra cui spicca una collezione del pittore Francesco Squassina.

Verranno presentate, inoltre, alcune vetture d’epoca ed una selezione di macchine fotografiche e giocattoli vintage.

Alcune delle opere / oggetti esposti potranno essere acquistati.

Villa Cesare

Galleria evento in Villa Cesare del 24/06/2023

Gli artisti in Villa Cesare

Francesco Squassina

Profilo di Francesco Squassina

Galleria di opere di Francesco Squassina

Caterina Amariti

Profilo di Caterina Amariti

Galleria di opere di Caterina Amariti: www.parafarmaciapoetica.com

Laura Baronio

In costruzione

Alessandra Faglia

Sono Alessandra Faglia da sempre legata al mondo dell’arte. Mi sono appassionata alla tecnica della pittura ad olio per i suoi colori brillanti e sempre vividi.
Ho studiato all’accademia di belle arti, grafica e ho deciso di unire la composizione della grafica digitale alla tecnica classica della pittura. Le opere sono quindi il frutto di un primo studio compositivo in digitale e della successiva realizzazione ad olio.

Cesare Faglia

Amico fraterno di Francesco Squassina, appassionato di pittura, dipinge per passione: il suo Gargano, la sua Venezia e la Valtenesi.

Edoardo Faglia

Sentimenti in luce

Edoardo Faglia nasce a Brescia il 16 Agosto 2001. Esperimenta tecniche visive sfruttando la luce per rappresentare i sentimenti con le sue figure stilizzate.

Elisabetta Faglia

Contrasti in gioco

Elisabetta sovverte il significato di opere d’arte famose, facendo nascere un sorriso a chi guarda, reinterpretando in chiave ironica opere notissime ed ineguagliabili.

Rodolfo Faglia

Tecniche “nuove”

Rodolfo Faglia, 1962, da sempre appassionato di fotografia, cresce con il corso del maestro Eros Fiammetti nei primi anni duemila. Espone per l’occasione alcune fotografie caratterizzate da tecniche particolari (infrared, pin-hole lens, stampa analogica).

Antonio Pagiaro

Sergio Pagiaro

CRITICHE – RECENSIONI:

Si rimane perplessi all’inconsueto incontro con una pittura di un giovane che sa di anacronistico, oggi, e della quale può sembrare difficile l’inserimento in un clima dell’arte figurativa tesa quasi parossisticamente all’urlo cinico della distruzione, alla crosta, all’informe, alla “tabula rasa”: deserto pianoro ribollente sul quale in seguito dovranno spuntare ancora la pittura e la scultura nuove.

Ma la sorpresa si tramuta il plauso guardando con attenzione le opere di Pagiaro, ed avendo poi chiara l’immagine di un lembo di terra tra i più affascinanti d’Italia che li hanno dettate, si gioisce di questo sereno incontro e si giustifica la timida volonterosa presa di posizione di questo genuino artista che pur conscio delle tempeste che agitano schiere di artisti, in ogni metropoli o piccolo paese, continua a lavorare come preso da un incanto che riaffiora dal fondo della sua natura contemplativa.

Le radici della pittura di Pagiaro affondano più che nella tradizione lombarda, come spesso è stato scritto, nel riflesso della stupita pittura murale di San Zeno, così satura di poesia, composta di mistiche armonie e piena d’un fascino vivissimo che aumenta col mutare dei tempi, radici che trovano linfa costante nella regione gardesana dai colli declinanti e dalle vette nevose, spaccate a picco sulla chiarità delle acque.

Pagiaro, colto conoscitore del nostro attuale momento di frattura avrebbe potuto balzare “a la page” con acquisita informazione eterogenea e tuttavia, sente di dipingere quelle povere case aggrappate alla terra e saldate tra loro nei secoli, cotte dal sole e dai venti, erose delle acque, fatte ospitali dal sudore di generazioni di  pescatori e contadini. Ed ancora i limoni, i fiori, le magre messi, e il lago incantato hanno arricchito l’istinto poetico di Pagiaro fino al raggiungimento in pittura d’un fremito argentino d’un impressionismo rozzo, a toni puri in un’atmosfera ricca di profumi.

Nobile pittura dagli spazi inventati, dal taglio candido, a volumi aspri, con materia giusta.

Senza mai eccedere nella Sirmione conosciuta da turista svagato,  pago del “souvenir” in cartolina postale, ed anche se il problema è limitato alla sula effusione lirica, Pagiaro tenta, pur tra dubbi ed incertezze non lievi scaturite anche dall’attuale congerie di smarrimento, una strada inusitata ed onesta.

E’ quella che un giovane intraprende per volere esprimere con tenacia e passione verso una terra mite il canto di ciò che appare agli occhi, attraverso il filtro della sensibile ricreazione.

Pagiaro è infiammato dall’accento poetico che infervora gli anonimi frescati di San Zeno, il medesimo che ha fatto metodicamente lavorare Cezanne, Matisse e gli artisti che malgrado le mode non hanno avuto fretta di bruciare le tappe.

Saverio Barbaro

galleria Delfino di Rovereto 1971

Pagiaro è nato e cresciuto sul Garda, a  Sirmione; gardesani anche noi, ci è stato così possibile seguire da vicino il tirocinio della sua fatica da pittore. Una continua, tormentata ricerca di elaborazioni e di scoperte, rivincite, un dittico naturalistico sempre filtrato attraverso un alambicco luminoso. I passaggi susseguitesi in un lungo periodo di tempo hanno contribuito, quindi, a perfezionare con arricchita sensibilità, i suoi primi contatti con la pittura. Pur essendosi scostato da certi elementi definiti, ha però continuato a seguire una vena realistica scevra da ogni obiettività, trasfigurando gli elementi con trovate stilistiche concluse in raffinati impasti cromatici.

Gino Benedetti

Brescia 1969 Galleria Schreiber

……. Pagiaro ha come momento costante, valido immutabile (ecco lo stilema ripetibile all’infinito senza danno e anzi, connettivo della sua produzione) la luce diffusa. Quella particolare luce che non ha ancora subìto la violenza del meriggio e che impronta la sua pittura d’una liquescenza patronimica.

…… La radice della sua poesia affonda in un solum che non ha confini geografici ma essenzialmente umani.

Giuseppe De Lucia

E’ un giovane, Pagiaro, fornito di una volontà commovente di cose buone, in ordine, di sincerità, e questo frugare dentro il paese dove abita, come dentro una tasca familiare e piena di sapori naturali, è il succo del suo far pittura. Immagini quotidiane, dunque, i paesi del Garda, oggetti, frutti che egli vien via via impegnando di colori.

Pochi artisti si sentono profondamente legati al loro paese natale come pittore Sergio Pagiaro, nato a Sirmione, nato col destino bel preciso di dipingere quadri che traggono l’ispirazione diretta dalla stupenda penisola che Catullo e ul Carducci cantarono “ocelle peninsularum insularumque”.

L’ispirazione che Sergio Pagiaro trae dal suo paese natale non è soltanto di natura pittorica sebbene si risolva tutta con colori su tele rappresentati ogni più riposto angolo della penisola: è interiore, impressa e di espressa nell’anima dell’artista (come il profumo e il fiore intimamente si appartengono), frutti della terra che li ha generati, così l’amore per Sirmione e Sirmione si fondono in un unico corpo che è quello dell’artista;  si che i quadri di lui diano un’immediata rappresentazione di ciò che gli occhi del pittore hanno visto fin dall’infanzia e prima di lui l’hanno visti i suoi padri nati a Sirmione, cresciuti a Sirmione, sepolti dalle zolle chiuse nel recinto sacro di Sirmione.

Mistero della natura, figlio di Dio, Dante dice che “l’arte è a Dio quasi nepote”, perché figlia della natura che a sua volta è figlia di Dio.

Bisogna raccogliersi in codesto pensiero di Dante ogni qualvolta si incontra – e l’occasione si fa sempre più rara – un artista che esprima direttamente, appassionatamente le visioni del proprio paese natale.

Monumenti storici e umili case di pescatori, anfratti della penisola e luce del lago,  momenti solenni di calma sull’acque del Garda, quando l’acqua pare seta ora d’oro, ora d’argento e le nuvole guardano dall’alto staccate dalle montagne ferme in perplessità. Questi sono i soggetti delle pitture di Sergio Pagiaro.

Ed esse per questo meritano non soltanto il favore, ma l’amore del pubblico e della critica.

Salvator Gotta

Sergio Pagiaro ha un temperamento meditativo, autenticamente volto verso la migliore tradizione coloristica veneta, nella sua pittura rientrano anche componenti, facilmente individuabili, in un certo realismo padano.

Ultimamente Pagiaro è anche entrato in quelle case. Si è quindi iniziato un dialogo più ristretto e concitato: le sue tele di oggetti e di interni costituiscono un passo innanzi della ricerca, una maggior presa di contatto con la realtà che ci dà una misura nuova della sua pittura ritenuta sino ad oggi essenzialmente lirica. Come dato formale abbiamo nel contempo una più precisa intuizione della volumetria degli oggetti. Il colore si è fatto più consapevole; un colore magro, giocato prevalentemente sulle terre, che richiama l’affresco.

Pagiaro era partito ispirandosi senza sotterfugi, anzi mettendo bene in evidenza ai maestri del primo novecento con particolare attenzione per Carrà e Rosai.

Oggi è incamminato senza tentennamenti sulla strada che direttamente consegue da quelle sue prime esperienze: svolgimento logico di una ricerca coerente ed improntata alla più assoluta onestà.

Brescia, giugno 1964

Renzo Margonari

…..è giunto, anno dopo anno, a trovare spazi d’inusitata ampiezza alle sue tele, dove il colore si fa denso e sonoro per via di accostamenti tonali sottili e, a un tempo, robusti, nel filone della miglior tradizione lombarda.

Non c’è angolo del Garda , ormai, che egli non abbia studiato per ritrovare. en pleine air, una più compiuta dimensione della natura, e, con essa, la misura esatta dell’uomo e delle sue emozioni liriche.

Roma, dicembre 1960

Giorgio Mascherpa

Bergamo 1970 Galleria La Garitta

Un mondo che vive e si muove nella luce e che dalla luce tra i suoi riflessi, i suoi abbandoni e i suoi languori, con una dolce estenuazione cromatica, fatta di celesti teneri, di rosa diffusi, di verdi patiti, di ocre smorzate; con un sottile tessuto compositivo fatto di un disegno fluido, di morbidi accenti e di scorrevoli ritmi, sull’immagine antica e sempre nuova della realtà e della vita.

Enotrio Mastrolonardo

Il graduale svincolo di Sergio Pagiaro dai moduli figurativi tradizionali, ha portato la sua pittura non già a rinnegare la figurazione ma a  conferirle una libertà espressiva che nulla perde del suo originario sapore naturalistico, permettendole però di partecipare a quei problemi di colore, luce, forma che le concessioni estetiche attuali – anche le più liriche – comportano. Così Pagiaro fa una pittura moderna sostanziandola con una poesia di sempre.

Enotrio Mastrolonardo 1970

Sergio Pagiaro fa parte della categoria di quei giovani pittori (una categoria purtroppo assai esigua), i quali, credendo con appassionata fede nell’arte, vanno cercando i mezzi espressivi sempre più adatti a rivelare i tormentosi problemi che s’agitano in loro … mostrando assoluta fedeltà ai problemi del colore (un colore che suggerisce la forma e stabilisce l’atmosfera ideale della scena), è indice della sua serietà, del suo impegno e di una forza istintiva ch’è pronta a tradursi in intuizione poetica.

Mario Monteverdi

Brescia – 1963 Galleria A.A.B.

Verona, il Garda: un punto d’incontro fra il semitono veneto e il  tonalismo lombardo. A tutto questo mi fa pensare l’incontro con il pittore Sergio Pagiaro. Pur tanto rumorose e agitate, le nostre stagioni non escludono in verità le voci pacate, discoste, umili forse. Tanto più quando quelle voci – come caso di Pagiaro – sono la proiezione in forme e colori di una realtà intensamente vissuta, di un amore insomma partecipante e commosso.

Brescia dicembre 1962

Carlo Munari

Arte Italiana Contemporanea

…….  fino all’ultimo gesti uguali e antichissimi. Li conosco bene quei paesi. Febbre di sole e ronzio di mosche, odore di terra smossa e l’ora scandita da una campana solitaria. A mio giudizio, il merito precipuo di Pagiaro è tutto qui, nell’averci saputo restituire l’anima segreta di quel paesaggio.

Innanzi tutto ciò dimostra come egli abbia saputo intimamente penetrarlo, ma anche la sua capacità di liricizzarlo, di trasfigurarlo poeticamente.

Tutto questo non è poco per un artista. E nemmeno è poco che l’artista badi esclusivamente a confessare se stesso, rifiutando al caso linguaggi forse più correnti ed affermati, ma che estranei gli solo. Perciò l’operare di Pagiaro va guardato con simpatia. Ed io stesso ne desidero scrivere, assorbito per gusto e formazione da un ordine diverso di linguaggi.

Pur tanto rumorose e agitate, le nostre stagioni non escludono in verità le voci pacate, discoste, umili forse. Tanto più quando quelle voci – come nel caso di Pagiaro – sono la proiezione di forme e colori di una realtà intensamente vissuta, di un amore insomma partecipante e commosso.

Attraverso i quadri di Pagiaro  è dato di compiere un viaggio sentimentale nei paesi che il Garda riverbera in un miracolo di luci e di acque.

Carlo Munari

Dopo un attento studio della pittura di Césanne ed una serie di sperimentazioni orientate soprattutto sull’elemento grafico quale componente essenziale della struttura del quadro, Sergio Pagiaro – che resta fedele a una visione figurativa in senso assai moderno – si è posto a ricercare nel colore valori più trasparenti fluidi, tali da creare raffinate sovrapposizioni, insinuate luce. Ciò senza venir meno a quella nitidezza d’intelaiatura che costituisce un chiaro supporto architettonico al fatto cromatico. Egli ha così raggiunto risultati che lo propongono a mezza strada fra un lirismo veneto e il senso lombardo della realtà.

Alfonso Stefano Sposato

Sergio Pagiaro

Ora, trovandosi a contatto e a tu per tu quotidiano, e fin dalla fanciullezza col paesaggio della sua Sirmione, egli, una volta iniziato alla pittura dal suo valoroso maestro veronese Antonio Nardi, ha fatto di quel paesaggio il soggetto, il motivo dominante della sua contemplazione, del suo studio, delle sue ricerche.

Non si dice, con questo che la sua pittura sia di tipo elementarmente realistico o tardo-impressionistico, sorda perciò ai richiami della contemporaneità. (Ch’è altra cosa, intendiamoci, dalla modernità, cioè dalla moda del giorno).

Le vecchie case del vecchio paese, che qui prendiamo come esempio del suo operare, in quanto sono il suo tema prediletto, quello che sempre ritorna, assumono, attraverso la sua visione trasfiguratrice, una realtà nuova: una realtà spirituale e al tempo stesso concreta e voluminosa, si legano insieme,  si “compongono” si armonizzano (forma e colore), così da diventare, ogni gruppo, un’unità è una tonalità. E’ come dire ch’entrano in quella misteriosa dimensione, a cui non si può assegnare altro epiteto che di poetica.

Questa (detta per accenni) ci pare la Sirmione, questa la pittura di Sergio Pagiaro. Al quale nessuno vorrà disconoscere, oltre all’ingegno la non comune virtù di una buona fede assoluta, cioè di un’assoluta onestà morale ed artistica.

Diego Valeri

Sirmione 1968

Nascere a Sirmione è un’avventura quasi gloriosa, di cui, certo, non tutti i sirmionesi si rendono conto; ma qualcuno, forse si.

In che consiste, dunque la gloria di Sirmione? Diciamo: nel tripudio di luce del cielo e delle acque; dell’effusa soavità degli ulivi; nella severa gentilezza, nonché del castello, delle vecchie case popolari abbronzate dal tempo; nel fantasioso labirinto delle antiche rovine, a pié delle quali viene morire, su lucidi lastroni di marmo rosato, l’onda del lago, nel ricordo di Catullo, del pianto di Catullo, che, dopo tanti secoli, ancora suscita echi nel cuore di tutti: fulsere quondam candidi tibi soles ….

Qualche sirmonese ci sarà, dicevamo, consapevole del privilegio avuto in sorte di nascere nella più bella delle isole e delle penisole sparse sulla superficie  del globo. Questo dicevamo ragion veduta; perché, effettivamente, uno almeno l’abbiamo conosciuto, lo conosciamo anche noi: uno che, non solo sente l’orgoglio dei suoi natali, ma s’è anche votato a celebrare la sua piccola patria meravigliosa con tutte le forze del suo intelletto e del suo cuore.

Questi è il pittore Sergio Pagiaro, giovane di anni, ma per sua buona fortuna, non tocco dalle oscure follie della gioventù di oggi, anzi rigorosamente impegnato risolvere il suo problema capitale, ch’è semplicemente, il problema della pittura. A risolverlo, aggiungiamo per maggior chiarezza, con tavolozza e pennelli, e non con pezzi di legno accozzati insieme o con mastodontici fotomontages; a risolverlo, nel confronto diretto e continuo con la realtà (il duello con la natura, di cui parlava Baudelaire) e non con segnacci e geroglifici o linde figure geometriche proiettate sulla tela. Pagiaro, in altri termini è un pittore, (giovane o meno poco importa), il quale non ha altra ambizione che di dipingere: dipingere nel senso ovvio e pregnante che a questa parola è stato costantemente attribuito dalla tradizione, nel corso dei secoli, e fino a ieri.

Sergio Pagiaro dieci anni dopo il primo incontro: la maturazione dell’artista e le risultanze della critica, e come queste si accordino su quella. Ma la prima cosa da rilevare – e suona già elogio – è la fedeltà a se stesso del pittore, una costante battere il sentiero dell’ispirazione per arrivare al paese dell’anima. La fiducia, l’attaccamento, lo slancio del fanciullo caratterizzano Pagiaro e sigillano il suo operare, in un arco di tempo nel quale tutte le sirene hanno chiamato, con dolcezza e con perfidia, dal mare delle ambizioni. L’unico esperimento ritenuto valido e consistito nella volontà di scendere sempre di più nei sentimenti per portare alla luce – del proprio lavoro – la decantazione della realtà, l’affinamento dei motivi e della tavolozza. E non è stato soltanto un caso (la vita offre anche combinazioni) se Pagiaro si è distolto dalle suggestioni naturali – dall’incantesimo della natia Sirmione – per cacciarsi là dove la pianura padana è appiattimento, frantumazione, tabula rasa, sconquasso alle  rifrazioni di un occhio educato. In una sorta di esilio – o distacco dalle compiacenze – il proposito è stato di perseguire dunque dall’intimo la libertà espressiva, in un processo selettivo di oggettivazione e di analisi cui hanno partecipato un po’ tutti i sensi, attraverso le nature morte, il gioco proustiano delle damigiane e dei nudi. L’artista si è inconsapevolmente trovato a fare riserva d’acqua del suo lago infiascandola, e a evocarne le catulliane estasi in una gioiosità carnale. Ma l’esercizio è valso sopratutto a distillare – fuori dalle impressioni o dalle memorie – un paesaggio nuovo, di altra dimensione, percorso da un ventodi spiritualità.

Prendiamo le case, guardiamo le case di Pagiaro che agli inizi parvero accarezzare alla Tomea, illuminante un poco perfino dal fuoco metafisico, e poi andarono ad assestandosi (o incrinandosi, che fa lo stesso) in un cubismo pieno di fervori e di accensioni.

La struttura, i muri, non sono mutati: restano arroccati come nuclei emergenti sulle colline o adagiati nel cuore delle strade, come concetti che allargano un discorso.

L’erosione è avvenuta nell’aria, lo sgretolamento giulivo si è verificato nell’impasto; cielo e terra e acque adesso si chiamano e si rispondono ma in una chiarezza commossa di vibrazioni, lungo un ritmo meditato e preciso per tocchi spatolati a sapienza:  il tabacco dei tetti, il rosa-giallo delle ombre, la brezza cerulea a far da respiro; le crete ad assorbire e a rendere umori di stagioni. Case e paesi che dissi già vincolati a mezza strada tra un’eco di laguna e terraferma, la leggiadria veneta e la saldezza lombarda: una specie di innesto, una congiunzione felicemente avviata per quella segreta lettura ancestrale che è l’intuizione.

In questi dieci anni di pittura Pagiaro ha costruito su un reticolo sempre più essenziale, di rigorosa conquista, di non geometrica ristrettezza – un paesaggio di umana partecipazione. Che altro aggiungere, se dono appare così lietamente terso?

Giannetto Valzelli

Genova – 1965 Reggio Emilia Palazzo Turismo

E’ un giovane, Pagiaro, fornito di una volontà commovente di cose buone, di ordine, di sincerità, e questo frugare dentro il paese dove abita, come dentro una tasca familiare e piena di sapori naturali, è il succo del suo far pittura. Immagini quotidiane, dunque, i paesi del Garda, oggetti, frutti che egli vien via via impregnando di colori.

Cremona – 1966 Galleria Portici

Sergio Pagiaro mostra il gusto della semplicità preziosa e diremmo raffinata anche nella sua pittura, chiara, trasparente, quasi soffice.  Partito da un’attenta osservazione di Cezanne e passato attraverso qualche predilezione per le sue interpretazioni dal Maestro che ne hanno dato De Grada e Soffici, Pagiaro  ha in un primo tempo accentuato il sistema di scandire i piani in larghe stesura dense negli impasti delicati per poi arrivare ad una pittura più libera, svincolata dal dettaglio grafico per sostenersi sui toni filtrati da una luce di madreperla. C’è spesso un ampio respiro in questi paesaggi che si allontanano sempre di più dagli schemi, in un certo modo di vedere e tradurre, per trarre fondamento dall’immagine e dal movimento luce-ispirazione.

Dino Villani

Arte italiana per il mondo

Sergio Pagiaro fa parte della categoria di quei giovani pittori che credendo con appassionata fede nell’arte vanno cercando i mezzi espressivi sempre più adatti a rivelare i tormentosi problemi che si agitano in loro. Nella memoria visiva di Pagiaro sono rimaste indelebilmente le care e dolci immagini della penisola di Lesbia,  le musicali armonie della laguna veneta le pensose ed arcane sensazioni delle vestigia romane di Verona, le cristalline visioni dolomitiche, le luminose creazioni divisionistiche di Segantini, le sofferte suggestioni coloristiche di Rosai, i sapienti dettagli di Saetti e persino gli echi ritrovati delle millenarie incisioni di Naquane, perché Pagiaro non ama fermarsi al primo invitante ostello a meditare sui conformismi e sugli anti conformismi dell’epoca, ansioso com’è di sfogare i suoi pennelli emotivi in una metodica e costante ricerca di un orientamento preciso che non tarderà a manifestarsi. I suoi paesaggi squadrati, le sue casupole cubiche, i suoi angoli nascosti di Sirmione parlano un linguaggio dolce, e rivelano una ricerca stilistica rivolta a comporre il vecchio volto architettonico del paese nativo in immagini armoniose e ferme.

tratto da Guida All’Arte Italiana 1966

Le sue opere figurano presso le pinacoteche di Brescia, Vigevano, Trento, al Museo Cristologico di Assisi, al Museo Sforzesco Bertarelli di Milano, al Castelvecchio di Verona, al Gabinetto Stampe dell’Università di Pisa, ecc.

Mostre Personali:

1958 Galleria Comencini, Sirmione; Bottega dell’Arte, Brescia;

1959 Galleria La Cornice, Verona;

1960 Galleria La Fontanella, Roma;

1961 Galleria San Vidal, Venezia; galleria La Cornice, Verona;

1962 Museo Civico, Bologna;

1963 Galleria Ass. Artisti Bresciani, Brescia;

1964 Palazzo del Turismo, Reggio Emilia;

1964 Galleria La Garitta, Bergamo;

1965 Galleria Centro Gioventù Italiana, Genova;

1966 Galleria Ass. Artisti Bresciani, Brescia;

1967 Museo Civico Riva del Garda;

1968 Galleria Poliedro, Cremona;

1970 Galleria Schreiber; Galleria Acquario Nuoro; Galleria Voltone Reggio Emilia; Galleria Garitta, Bergamo; Galleria Romagnosi Piacenza; Galleria Ferrari Treviglio;

1971 Museo Civico di Lodi; Galleria Ribalta Pavia; Galleria Malpighi Bologna; Galleria Salotto Desenzano d/G.; Galleria Delfino, Brescia; Galleria AAB Brescia

1971 personale alla galleria Delfino di Rovereto

1972 personale galleria alla Cripta Milano 

ha partecipato tra le altre alle seguenti mostre premio e collettive:

1954 Biennale Nazionale Verona

1959 maggio giugno

Palazzo Della Gran Guardia

1961 XXII Biennale di Milano, Premio Cinisello Balsamo, Premio Acitrezza, Premio Treccani Montichiari;

1962 Premio Giovane Pittura Italiana E.I.D.A.C. Milano, Premio Terni,

1962 su invito, ai Premi Suzzara, Anzio, Assisi e Belluno;

1963  Biennale di Verona e XXIII Biennale di Milano, Treccani di Montichiari;

1964 Premio Novi Modena; Mostra della Pittura Italiana, Galleria Art Center, Zurigo;

1965 Rassegna d’Arte Contemporanea Veronese, Galleria d’Arte Moderna, Lubiana;

1966 su invito Premio Bucci, Premi Sassoferrato e VIII Mostra Artisti Figurativi, Torino;

1967 XXV Biennale di Milano e il Premio Sassoferrato;

1968 Pittura Italiana, Casa della Cultura – Tunisi;

2012 su invito Mostra ANTOLOGICA Palazzo M. Callas Sirmione col Patrocinio della Provincia di Brescia

2013 su invito Fiera di Montichiari spazio culturale

Artisti ’74

Bolaffiarte Pubblinchiesta

conseguì la maturità artistica a Venezia inizia e studiò poi nell’accademia Cignaroli di Verona, allievo di Nardi e Trentini. Ha soggiornato a Milano e a Roma ed ha viaggiato in Austria e in Francia. Ha esordito, partecipando a mostre giovanili indette dal Rotary per le scuole e partecipa attivamente dal 1948 a mostre regionali e nazionali, vincendo premi e menzioni oltre a tenere personali. E’ socio della Permanente di Milano. Si è dedicato all’insegnamento del disegno nelle scuole medie statali. Tra i vari premi: nel 1960 ha avuto un premio del comune di Verona e il secondo premio  all’esposizione di pittura di Montichiari e alla gara “Paesi e marine d’Italia” di Ventimiglia. Ha tenuto personali a Sirmione, Brescia e Verona.

Bibliografia:

Panorama d’arte 1978 annuario bio-bibliografico e quotazione degli artisti a cura di Elio Marciano’ Magalini Editrice Brescia

annuario degli artisti visivi italiani le quotazioni dei pittori e degli scultori 1972 editrice Seletecnica via A. d’Aosta, 8 Milano a cura del prof. Mario Monteverdi

il triangolo volume dedicato a: artisti – gallerie – stampa specializzata a cura di L. R. Barion edizioni italo svizzere besozzo varese

Catalogo Monteverdi 1974 annuario degli artisti visivi Italiani editrice seletecnica milano

Linea Figurativa 1966 carlo emanuele bugatti editrice Europa Arte anno III

Annuario Comanducci  1975 guida ragionata delle belle arti Luigi Patuzzi Editore Milano

Pittura Contemporanea Italiana 1969 Antonio Lalli Editore

Enciclopedia Comanducci – 1962 Milano

Il Merito – Sarzana 1962

Archivio Biennale di Venezia

Il Collezionista d’Arte Moderna – ed. Bolaffi 1964

Storia di Brescia – vol. IV Pittura secoli XIX e XX Brescia 1964

Arte Contemporanea Italiana – Cerga

Linea Figurativa – Europa Arte – Ancona 1966

Peinture Italienne Contemporaine Istituto Europeo , Milano 1967

catalogo illustrato d’arte moderna Piccioli editore a cura di Alfonso Stefano Sposato diretto dalla Galleria Arte Giovane di Milano

Artisti Bresciani Contemporanei libro uno a cura di Angelo Mazzocca – Giuseppe Orefici prefazione Elda Fezzi – Luciano Spiazzi – Guido Stella Editore Ettore Fausto Sardini – Bornato (BS) Arte europea

Artisti Italiani Del 900 casa editrice La Ginestra Giorgio Kaisserlian Poppi – Arezzo

Enciclopedia Universale Della Pittura Moderna editrice SEDA via Pagano, 52 Milano – 1969

Arte Contemporanea Italiana a cura di Garusso – 1966 edizioni Cerga

Catalogo Degli Autori Italiani di Luciana Pineschi – 1971 casa editrice Alba – Ferrara

Annuale Italiana d’Arte Grafica del disegno e dell’acquerello catalogo 1966 prefazione Emanuele Bugatti

Annuario degli Artisti  – 1964 editrice EDI via Po, 45 – Roma

Guida all’Arte Italiana – 1966 Carlo Emanuele Bugatti ed Europa Arte – periodico tecnico via Baracca, 2 Ancona

800 Pittori Allo Specchio Il romanzo di una raccolta a cura di Renzo Cortina – Dino Villani – Antonio Miotto editrice d’Arte Cavour 1971 Milano

Fine Art In Italy Painters, Sculptors and Engravers 1973 Ed.  Fine Art Directories Society 1973 San Francisco – Calif. – 94100 USA

Pittori e Pittura Contemporanea edizione il Quadrato Milano – 1973 catalogo e prezzi degli artisti italiani a cura di Giorgio Falossi

Gente d’Arte Guida Annuario Nazionale Pittori – Scultori – Architetti – Critici – Gallerie d’Arte d’Italia diretto da Pier Francesco Greci 1970

Artisti in Vetrina editrice Seletecnica s.r.l. Milano 1974

Pittori e Pittura Contemporanea a cura di Falossi Giorgio catalogo di prezzi degli artisti italiani edizioni Il Quadrato – Milano 1971

Il Merito Annuario dei Premi e dei Premiati d’Italia a cura di Giuseppe Puglisi con la collaborazione di: l Lino Businco – Gaetano Carancini – Pier Luigi Casini – Gavino Gabriel – Luigi Servolini – Fabrizio Timone – Vittorio Vettori

Pittura Contemporanea introduzione di Leonardo Borghese Edit edizioni Italiane 1967

Enciclopedia Aggiornata dell’Arte Moderna IDAF Istituto PerLa Diffusione Delle Arti Figurative S.r.l. Milano

A. M. Comanducci Dizionario Illustrato dei Pittori Disegnatore e Incisori Italiani Moderni e Contemporanei Leonilde M. Patuzzi  editore – Milano 1962

A. M. Comanducci Dizionario Illustrato dei Pittori Disegnatore e Incisori Italiani Moderni e Contemporanei Leonilde M. Patuzzi  editore – Milano 1968

Pittori Italiani Contemporanei 1870 – 1970 a cura di Il Centauro – Centro Nazionale d’Arte e Cultura e di Critica d’Arte-Oggi Rivista d’Arte Contemporanea Internazionale Panepinto Editore

Annuario Comend 1992 Guida ragionata delle Belle Arti diretta da Paola Ingoglia edizioni Comed via Visconti di Modrone, 8/10 Milano

Dizionario Degli Incisori Bresciani Riccardo Lunardi Brescia 1994

Annuario della pittura italiana l’Istituto europeo di storia dell’arte Milano 1964

Catalogo Bolaffi d’Arte Moderna 1968

Recensione di Giannetto Valzelli scritta in occasione della mostra antologica del 1969

Sirmione  – Castello Scaligero

Nascere a Sirmione è un’avventura quasi gloriosa, di cui, certo, non tutti i sirmionesi si rendono conto; ma qualcuno, forse si.In che consiste, dunque  la gloria di Sirmione? Diciamo: nel tripudio di luce del cielo e delle acque; dell’effusa soavità degli ulivi; nella severa gentilezza, nonché del castello, delle vecchie case popolari abbronzate dal tempo; nel fantasioso labirinto delle antiche rovine, a pié delle quali viene morire, su lucidi lastroni di marmo rosato, l’onda del lago, nel ricordo di Catullo, del pianto di Catullo, che, dopo tanti secoli, ancora suscita echi nel cuore di tutti: fulsere quondam candidi tibi soles …. Questo dicevamo ragion veduta; perché, effettivamente, uno almeno l’abbiamo conosciuto, lo conosciamo anche noi: uno che, non solo sente l’orgoglio dei suoi natali, ma s’è anche votato a celebrare la sua piccola patria meravigliosa con tutte le forze del suo intelletto e del suo cuore.

Questi è il pittore Sergio Pagiaro, giovane di anni, ma per sua buona fortuna, non tocco dalle oscure follie della gioventù di oggi, anzi rigorosamente impegnato risolvere il suo problema capitale, ch’è semplicemente, il problema della pittura. A risolverlo, aggiungiamo per maggior chiarezza, con tavolozza e pennelli, e non con pezzi di legno accozzati insieme o con mastodontici fotomontages; a risolverlo, nel confronto diretto e continuo con la realtà (il duello con la natura, di cui parlava Baudelaire) e non con segnacci e geroglifici o linde figure geometriche proiettate sulla tela. Pagiaro, in altri termini è un pittore, (giovane o meno poco importa), il quale non ha altra ambizione che di dipingere: dipingere nel senso ovvio e pregnante che a questa parola è stato costantemente attribuito dalla tradizione, nel corso dei secoli, e fino a ieri.

Sergio Pagiaro dieci anni dopo il primo incontro: la maturazione dell’artista e le risultanze della critica, e come queste si accordino su quella. Ma la prima cosa da rilevare – e suona già elogio – è la fedeltà a se stesso del pittore, una costante battere il sentiero dell’ispirazione per arrivare al paese dell’anima. La fiducia, l’attaccamento, lo slancio del fanciullo caratterizzano Pagiaro e sigillano il suo operare, in un arco di tempo nel quale tutte le sirene hanno chiamato, con dolcezza e con perfidia, dal mare delle ambizioni. L’unico esperimento ritenuto valido e consistito nella volontà di scendere sempre di più nei sentimenti per portare alla luce – del proprio lavoro – la decantazione della realtà, l’affinamento dei motivi e della tavolozza. E non è stato soltanto un caso (la vita offre anche combinazioni) se Pagiaro si è distolto dalle suggestioni naturali – dall’incantesimo della natia Sirmione – per cacciarsi là dove la pianura padana è appiattimento, frantumazione, tabula rasa, sconquasso alle  rifrazioni di un occhio educato. In una sorta di esilio – o distacco dalle compiacenze – il proposito è stato di perseguire dunque dall’intimo la libertà espressiva, in un processo selettivo di oggettivazione e di analisi cui hanno partecipato un po’ tutti i sensi, attraverso le nature morte, il gioco proustiano delle damigiane e dei nudi. L’artista si è inconsapevolmente trovato a fare riserva d’acqua del suo lago infiascandola, e a evocarne le catulliane estasi in una gioiosità carnale. Ma l’esercizio è valso sopratutto a distillare – fuori dalle impressioni o dalle memorie – un paesaggio nuovo, di altra dimensione, percorso da un vento di spiritualità.

Prendiamo le case, guardiamo le case di Pagiaro che agli inizi parvero accarezzare alla Tomea, illuminante un poco perfino dal fuoco metafisico, e poi andarono ad assestandosi (o incrinandosi, che fa lo stesso) in un cubismo pieno di fervori e di accensioni.

La struttura, i muri, non sono mutati: restano arroccati come nuclei emergenti sulle colline o adagiati nel cuore delle strade, come concetti che allargano un discorso. L’erosione è avvenuta nell’aria, lo sgretolamento giulivo si è verificato nell’impasto; cielo e terra e acque adesso si chiamano e si rispondono ma in una chiarezza commossa di vibrazioni, lungo un ritmo meditato e preciso per tocchi spatolati a sapienza:  il tabacco dei tetti, il rosa-giallo delle ombre, la brezza cerulea a far da respiro; le crete ad assorbire e a rendere umori di stagioni. Case e paesi che dissi già vincolati a mezza strada tra un’eco di laguna e terraferma, la leggiadria veneta e la saldezza lombarda: una specie di innesto, una congiunzione felicemente avviata per quella segreta lettura ancestrale che è l’intuizione.

In questi dieci anni di pittura Pagiaro ha costruito su un reticolo sempre più essenziale, di rigorosa conquista, di non geometrica ristrettezza – un paesaggio di umana partecipazione. Che altro aggiungere, se dono appare così lietamente terso?

Le sue opere figurano presso le pinacoteche di: Brescia, Vigevano, Trento, Lecco, al Museo Cristologico di Assisi, al Museo Sforzesco Bertarelli di Milano, al Castelvecchio di Verona, al Gabinetto Stampe dell’Università di Pisa, Montichiari, ecc.

Alcune Mostre Personali:

1958 Galleria Comencini, Sirmione; Bottega dell’Arte, Brescia;

1959 Galleria La Cornice, Verona;

1960 Galleria La Fontanella, Roma;

1961 Galleria S. Vidal, Venezia; galleria La Cornice, Verona;

1962 Museo Civico, Bologna;

1963 Galleria Ass. Artisti Bresciani, Brescia;

1964 Palazzo del Turismo, Reggio Emilia;

1964 Galleria La Garitta, Bergamo;

1965 Galleria Centro Gioventù Italiana, Genova;

1966 Galleria Ass. Artisti Bresciani, Brescia;

1967 Museo Civico Riva del Garda;

1968 Galleria Poliedro, Cremona;

1970 Galleria Schreiber; Galleria Acquario Nuoro;

Galleria Voltone Reggio Emilia;

Galleria Garitta, Bergamo; Galleria Romagnosi Piacenza; Galleria Ferrari Treviglio;

1971 Museo Civico di Lodi; Galleria Ribalta Pavia; Galleria Malpighi Bologna; Galleria Salotto Desenzano d/G.; Galleria Delfino, Brescia; Galleria AAB Brescia

1971 personale alla galleria Delfino di Rovereto

1972 personale galleria alla Cripta Milano

ha partecipato tra le altre alle seguenti mostre premio e collettive:

1954 Biennale Nazionale Verona

1959 maggio giugno Palazzo Della Gran Guardia

1961 XXII Biennale di Milano, Premio Cinisello Balsamo, Premio Acitrezza, Premio Treccani Montichiari;

1962 Premio Giovane Pittura Italiana E.I.D.A.C. Milano, Premio Terni,

1962 su invito, ai Premi Suzzara, Anzio, Assisi e Belluno;

1963  Biennale di Verona e XXIII Biennale di Milano, Treccani di Montichiari;

1964 Premio Novi Modena; Mostra della Pittura Italiana, Galleria Art Center, Zurigo;

1965 Rassegna d’Arte Contemporanea Veronese, Galleria d’Arte Moderna, Lubiana;

1966 su invito Premio Bucci, Premi Sassoferrato e VIII Mostra Artisti Figurativi, Torino;

1967 XXV Biennale di Milano e il Premio Sassoferrato;

1968 Pittura Italiana, Casa della Cultura – Tunisi;

2009 Premio Luigi Nocivelli – Verolanuova Riconoscimento

Susie Pozza

Classe 1965, da bambina giocava con i colori, ora ama l’arte in ogni sua forma e la sua vita è a colori.

Paola Santi

La vigile attesa della pioggia


Libera professionista in Franciacorta. Con una forte passione per il disegno, autodidatta da sempre, ho frequentato l’Accademia Di Santa Giulia dove ho imparato diverse tecniche pittoriche.
Fra tutte , quella che più mi ha attratto per la difficoltà nel gestire l’acqua e quindi l’impegno nell’imparare, è proprio l’acquerello.
Quindi ho proseguito il mio percorso pittorico con vari corsi di acquerello ed alcune mostre.

In ogni disegno oltre alla “sfida” con l’acqua, mi stimola riuscire a creare dei punti di luce, senza colore, che diano tridimensionalità al disegno.

Mi piace pure creare punti di evanescenza che trasportino chi guarda in dimensioni dell’anima inesplorate.
Tutti i miei quadri sono visibili in Instagram sulla pagina paolasanti74. Sono in vendita. Per informazioni di contatto: +39 3336678013

Silvia Fenu

Diplomanda al liceo artistico Maffeo Olivieri con indirizzo alle arti figurative .
Nei suoi lavori utilizza un linguaggio classico accademico nella pittura , nel disegno e nelle discipline plastiche

Michelle Yaacoub Sleiman

Sono Michelle Yaacoub Sleiman, architetto d’interni e textile designer libanese. Cerco ispirazione nelle persone, nella natura e nei suoi vari elementi. recentemente ho avviato un piccolo marchio “Par Michelle” per condividere le mie creazioni come una forma d’arte da indossare, come sciarpe, abbigliamento dipinto a mano e accessori handmade.